"Caro Banksy, grazie di protestare per me"
L'anonimo artista britannico ha ricevuto una lettera dal carcere di Zehra Dogan
19 Luglio 2018
"...Ti sto scrivendo e spedendo questa lettera in maniera clandestina."
L'anonimo artista e writer inglese Banksy continua ancora parlare di sè e, dopo aver disegnato un murales a New York lo scorso marzo per protestare contro l'incarcerazione di Zehra Dogan, arrestata nel luglio 2016 a Nusaybin dopo aver postato sui social media una foto di un suo dipinto in cui rappresentava la distruzione della cittadina da parte delle forze turche, ha finalmente ricevuto una risposta dalla donna.
Lei, rappresentata dietro le sbarre di questo carcere bianco e nero, con viso imbronciato e una matita fra le mani, è venuta a conoscenza di questo lavoro di street art tramite un giornale recuperato all'interno della prigione, unico sollievo in quello che si appresta a descrivere nella lettera come un vero e proprio inferno per cittadini incompresi.
"Nessuno vede che abbiamo ragione e che veniamo schiacciati e distrutti dai massacri. E anche se lo vedono, nessuno fa niente e tutti rimangono in silenzio. Stiamo vivendo una bugia in una vita immaginaria".
Con coraggio Zehra Dogan ha inviato clandestinamente questa lettera all'artista che, più che un testo di ringraziamento, si manifesta come uno sfogo, un bisogno di parlare e dare voce a quei lamenti che tutti lì in carcere condividono e capiscono, ma nessuno può agire di conseguenza bloccato in quattro buie mura.
Banksy utilizzando ancora una volta la sua arte è riuscito ad urlare più forte di tutti, a protestare per lei e con lei, e a dimostrare quanto la comunicazione sia più forte della pistola e la libertà d'espressione più determinata della prigionia.
"Passo dodici ore al giorno a immaginare, ma questo va addirittura oltre la mia immaginazione."