Perché Cristiano Ronaldo non è il Michael Jordan del calcio
May 22nd, 2020
Nonostante ''The Last Dance'' sia finito da qualche giorno, gli strascichi lasciati dalla serie di ESPN non mancano. Certo, il protagonista indiscusso del docu-film, Michael Jordan, aveva messo le mani avanti dichiarando che ''dopo aver visto il documentario, cambierete l'opinione su di me'', ma non si poteva certo immaginare che una personalità sportiva - seppur di altissimo livello - avrebbe potuto spaccare in due l'opinione pubblica.
Se da una parte i tifosi ''storici'' hanno rafforzato ancor di più la propria tesi che proclama Jordan come il miglior sportivo di sempre, dall'altro una lunga lista di scettici ora hanno la possibilità di dimostrare quanto la forte personalità del nativo di Brooklyn sia sempre stata graziata per merito dei suoi innumerevoli titoli e riconoscimenti.
Secondo l'Indipendent, alcuni ex giocatori della Premier League sono stati talmente coinvolti dall'aura dell'ex numero 23 da aver cominciato una discussione via chat per stabilire se gli atti di bullismo e di discriminazione visti nelle dieci puntate debbano essere giustificati come indispensabili per il raggiungimento di un obiettivo e come sinonimo di competitività oppure come meri atti di protagonismo.
Persino Ian Wright, un attaccante che ha dovuto far della ''fame'' una delle principali armi per colmare il gap tecnico, afferma che nonostante "Jordan è la persona più motivata che io abbia mai visto", sia difficile fare dei paragoni tra degli sportivi che provengono da epoche diverse e questo succede a causa di un gioco - che si tratti di calcio o di pallacanestro - che è diventato sempre meno ''duro'' nel tempo; Jordan, nella fattispecie, potrebbe essere paragonato a Roy Keane, uno che infatti giudica il gioco moderno come ''troppo morbido e interpretato da fighette''.
E' Jordan stesso durante il documentario ad affermare che ''sarei disposto a qualsiasi cosa pur di vincere. Se non pensi come me, allora vuol dire che non sei alla mia altezza e ti deriderò finché non raggiungerai il mio stesso livello. E finché non lo farai, per te sarà un inferno''. Ma pensando ai giorni nostri, come reagirebbero i vari Sebastiano Esposito o Christian Maldini se venissero trattati da Lukaku o Ibrahimovic come Jordan trattava Scott Burrell o Steve Kerr?
Ecco, probabilmente la maggior parte dei giocatori di calcio oggi si metterebbe a piangere ad avere in spogliatoio una personalità simile, ma è anche vero che il lato psicologico di un qualsiasi sportivo è fondamentale per il raggiungimento di determinati traguardi, tanto che la percentuale di giocatori di talento che ''non arriva'' a causa di una debolezza di carattere e di una mancata personalità è enorme.
Uno dei passaggi meno istruttivi di tutta la serie è quando MJ - durante il settimo episodio - dice espressamente che il bullismo è indispensabile per diventare grandi; se da una parte è un insegnamento che non deve essere preso in considerazione dagli allenatori di qualsiasi sport, dall'altro amplifica ancor di più il concetto di ''non porsi limiti'' con l'obiettivo di arrivare più in alto possibile. Ma partendo dal presupposto che le dinamiche tra calcio e basket sono completamente diverse e che un giocatore di un quintetto incide più del doppio rispetto ad uno sport dove si gioca in undici, è davvero così impossibile trovare delle similitudini tra la pallacanestro anni '90 ed il calcio moderno?
Si può fare provando a gettare tutta la discussione su un piano più filosofico del ''non lasciarsi intimidire'', che si trova nell'incredibile duello tra Bulls e Pistons, così come nelle più recenti sfide tra il Barcellona di Guardiola ed il Real Madrid di José Mourinho, oppure nel rapporto Pippen/MJ paragonabile a quello tra Karim Benzema e Cristiano Ronaldo, con i secondi che hanno costantemente oscurato le potenzialità dei primi.
Come diceva Jordan, ''per essere nella posizione di criticare devi essere inattaccabile e, se vuoi che i tuoi compagni abbiano il fuoco dentro, devi essere tu stesso a creare l'inferno''. Un inferno che non ritroviamo quando pensiamo ai protagonisti indiscussi del calcio moderno, Lionel Messi e Cristiano Ronaldo.
Una fonte interna del Barcellona dice che la ''Pulce'' non dimostra d'avere così tanto carisma all'interno dello spogliatoio perché è un calciatore che parla poco ma che si fa capire solo con gli sguardi, tanto che è impossibile sentirsi provocati ma, piuttosto, ti fa sentire direttamente escluso dal gruppo nel momento in cui non rispetti i suoi standard. Ne sanno qualcosa David Villa, Alexis Sanchez e da quest'anno Griezmann, ma molti altri - tra cui Zlatan Ibrahimovic - non sono stati in grado di adattarsi ad una situazione che è stata addirittura definita ''estenuante''. Estenuante non per la paura di fallire nei confronti della squadra, ma di ricevere la totale disapprovazione da parte del numero 10 argentino.
Cristiano Ronaldo superficialmente sembrerebbe essere il giocatore più simile a Jordan, in quanto si è sempre dimostrato intollerante all'interno del proprio spogliatoio così come ha sempre ostentato la sua ossessione per le vittorie. Ma, come dicevamo, è un paragone superficiale: infatti anche a CR7 manca quella prepotenza e quel ''fattore intimidatorio'' caratteristico di MJ, sostituito da un lato puramente egocentrico per quanto riguarda il calciatore. Anche fonti del Real Madrid affermano di non aver mai visto nessuno allenarsi così duramente come il portoghese, che però si spegneva completamente quando si discuteva di tattica, dimostrando ulteriormente - se ce ne fosse stato bisogno - di quanto Ronaldo, senza attenzioni su se stesso, non riesca ad essere felice, trascurando notevolmente il fattore ''esigenza'' nei confronti dei compagni di squadra. Tutto il contrario di Jordan.
Un altro esempio è quello che riguarda la nazionale portoghese, squadra per cui Ronaldo ha sempre voluto vincere qualcosa, quasi per affermare il proprio ruolo di ''Dio nazionale''. Pare che durante Euro 2016, nella partita contro la Polonia, Ronaldo si sia girato verso Moutinho congratulandosi per le ''botte'' che stava procurando agli avversari, rincarando la dose con un ''Fanculo se perdiamo, l'importante è che li hai picchiati bene!''
Ora, vi immaginate Jordan durante le Finals 1997 che al posto di incoraggiare in maniera intimidatoria Steve Kerr a ''tenersi pronto'', gli suggerisce di entrare in campo senza pressione perché tanto aveva già disputato una partita dignitosa?