Specchiarsi, e vedersi in un abito; specchiarsi, e celarsi dietro un abito.

La persona e il personaggio, l'anima e la sua maschera: un intervallo che contiene l'infinito; due efebiche, perse creature dallo sguardo languido che ne sono le vestali: la musicalità e la ieraticità di un profilo.

E' induzione magnetica, è emozione, è vibrazione: è il modo in cui ci aprocciamo alla realtà. Vestiamo la nostra vita, e vestiamo i colori del nostro specchio: bianco, nero, arcobaleno; sempre diverso, è noi stessi. 

E' una danza asintotica, un guizzo verso la luce, la perfezione formale verso un'Idea, che da persa diviene forte, che unisce la solitudine delle vestali; accecante.

La moda non è che un'Idea.

 

"There’s always been a separation between fashion and what I call my “deeper” work. Fashion is where I make my living. I’m not knocking it. It’s a pleasure to make a living that way." (R. Avedon)

Looking at yourself in the mirror, and see yourself in a piece of clothing; looking at yourself in the mirror, and hide yourself under a piece of clothing.

The person and the character, the soul and its mask: a lapse containing infinity; two ephebic, confused creatures -gazing weakly- that are its vestals: a hieratic profile of sonority.

That’s magnetic induction, it’s emotion, and it’s vibration: it’s the way we approach to our lives. We dress our life, and dress the looking-glass colors: black, white, rainbow; always different, that’s ourselves.

It’s an asymptotic dance, a flash towards the light, the formal perfection to an Idea: an Idea that comes up weak and then becomes strong, and joins vestals’ solitude; blinding.

Fashion is nothing but an Idea.